BIOGRAFIA DI VIRGINIO MASINA

Sono figlio di una famiglia di mercanti di cavalli; ben quattro generazioni mi hanno preceduto. Fu mio nonno ANGELO MASINA che, dopo il rientro dalla prima guerra mondiale, iniziò con la macellazione Equina, all’inizio degli anni venti. A quei tempi non esisteva nessuna normativa che regolamentasse tale macellazione. Solo con il R.D. (Regio Decreto) del 3 agosto 1890 la carne Equina era stata annoverata tra quelle di animali da macello. Con il R.D. n. 3298 del 20 dicembre 1928, vennero introdotte le prime normative riguardanti il settore Equino. Ed alla nostra famiglia venne concessa una regolare licenza in data 2 gennaio 1930. Quando il nonno mancò nel 1943, fu mio padre, RINALDO MASINA che, dopo il rientro dalla seconda guerra mondiale, continuò l’attività di famiglia. Io nacqui il 2 febbraio 1951. Mi ricordo che già da bambino, per non adempire ai miei doveri scolastici mi nascondevo sotto la paglia nella stalla, in mezzo ai cavalli, fra la mangiatoia e gli zoccoli anteriori di quegli animali. Fin da quegli anni la stalla, i cavalli ed il mercato divennero la mia ragione di vita. A soli dieci anni, dal mercato di Montichiari, distante circa 10 Km da casa, tornavo a piedi con due, quattro o cinque cavalli, sia d’estate che d’inverno. Inoltre, una o due volte alla settimana, la mattina presto, prima di andare a scuola, sempre a piedi, mi recavo al macello pubblico, distante circa 3 Km da casa, per portare il cavallo da macellare e occuparmi personalmente di tutte le fasi della macellazione. Mio padre mancò il 10 gennaio 1967, lasciandoci quella piccola macelleria di paese. Da allora ho continuato a seguire ed a perseguire i miei sogni e lentamente ho costruito la mia impresa: “NABA-CARNI S.p.A.” (costituita inizialmente il 28 marzo 1978). Per l’approvvigionamento della materia prima ho visitato credo, più o meno 50 paesi nel mondo, e con quasi tutti ho avuto contatti commerciali, entrando nel cuore del tessuto sociale di quei popoli con cui commercio, visitando aree agricole ed osservando il bestiame, in particolare i cavalli, ma soprattutto studiando i luoghi dove l’uomo viveva e lavorava con gli stessi. Con i cavalli si può osservare la cultura, la storia e la tradizioni dei popoli. Mi sono recato in molti territori, dalle steppe della Mongolia a tutti i paesi asiatici dove il cavallo è di importanza vitale, dal Nord al Centro ed al Sud dell’America, sono stato dall’Islanda all’Australia, inclusa la Nuova Zelanda, in alcuni paesi del Sud Africa, in tutti i paesi dell’Europa, ma soprattutto in quelli dell’est Europa. Grazie a questi viaggi ho potuto crearmi una discreta esperienza, in base alla quale posso affermare con convinzione che formulare una griglia di classificazione, onestamente, è quasi impossibile, in particolar modo per due ragioni molto semplici e determinanti per il consumo della carne. La prima è che, per ovvie ragioni storiche, si valorizza un tipo di animale per ogni area di consumo, sia nei paesi d’oltralpe che nel nostro paese; anche se bisogna ammettere che negli ultimi vent’anni, per ovvie ragioni, inutili da evidenziare, siamo arrivati a discernere le varie qualità in modo più omogeneo, e comunque non si può non tenere conto dei vari usi e costumi culinari. La seconda, più importante, è che il cavallo non è nato per l’alimentazione umana, ma per altri scopi; questo animale è al servizio dell’essere umano, il quale ha incrociato razze per millenni, al fine di ottenere l’animale giusto per le proprie necessità, pertanto in tutto il mondo non ci saranno mai due cavalli uguali come succede negli allevamenti di bestiame di altre specie. Comunque nel corso degli anni, ho visto vari tentativi di formulare delle griglie di classificazione, alcune anche molto belle e ben spiegate su una base scientifica, ma per la mia modesta opinione credo che per affrontare questo argomento si debba avere una conoscenza molto più estesa, più pratica, bisognerebbe avere un campo visivo a 360° gradi e un po’ meno di teorie tecniche che alla fine rimangono solo negli archivi. Prima di inabissarci in questo delicato e difficile tema è mio desiderio esporre un pezzo di storia. Ho avuto la fortuna di vedere, negli anni ‘50, la fine della vita del cavallo agricolo e da trasporto, i cui inizi si perdono nella notte dei tempi. Agli inizi degli anni ‘60 è iniziata l’industrializzazione; pertanto il cavallo rappresentava il passato. Più o meno nell’anno 1965 “non c’era più un cavallo da lavoro”. Il mondo legato a questi animali ed al mercato rappresentava un insieme di grandi tradizioni storiche, di cultura e conscenze, di grande sapere e di intelligenza, era un concentrato vivente della storia dell’uomo ed io, che all’epoca ero solo un bambino, ho passato molto tempo in mezzo a quei mercanti, mercantini, mediatori, ruffiani (“paraculi”) ed agricoltori.